Le Comunità Energetiche in Sardegna

Valentina Panzera • 22 ottobre 2025

La Sardegna entra sempre più concretamente nella fase di trasformazione del proprio sistema energetico: non più solo consumatori di energia, ma produttori e protagonisti attivi. Le cosiddette comunità energetiche rinnovabili (CER) rappresentano infatti un modello nuovo, distribuito, partecipativo, territoriale, che offre vantaggi ambientali, economici e sociali.


Vediamo come stanno sviluppandosi in Sardegna, quali sono gli strumenti messi in campo, quali le storie emblematiche e quali le sfide che ancora restano da affrontare.


Che cosa sono le comunità energetiche


In termini generali, una comunità energetica è un insieme di soggetti (cittadini, imprese, enti pubblici) che si associano per produrre energia da fonti rinnovabili, consumarla in parte e condividerla fra i membri, privilegiando l’autoconsumo collettivo e la condivisione piuttosto che la sola vendita all’esterno.


La diffusione del modello è incentivata a livello europeo e nazionale come strumento per:


  • aumentare la produzione da fonti rinnovabili su scala locale;
  • favorire l’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni;
  • promuovere la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali;
  • ridurre la dipendenza energetica dai grandi impianti o dai mercati esterni.


In Sardegna, queste comunità assumono un significato particolare: siamo in un’isola, con peculiarità insulari — trasmissione elettrica più complessa, costi dell’energia più elevati, ma anche un potenziale solare e eolico assai significativo. Il coinvolgimento attivo delle amministrazioni locali, delle imprese e dei cittadini può rendere il territorio protagonista della propria transizione energetica.



Stato dell’arte in Sardegna


Una panoramica delle attuali dinamiche regionali:


Esistono già numerose esperienze di comunità energetica in Sardegna. 


➡️ In particolare, i comuni di Berchidda e Benetutti sono stati citati come esempi in cui il modello di comunità energetica mira a trasformare i comuni in “smart cities” con produzione rinnovabile, accumulo e reti intelligenti.

 

➡️ Altro esempio: il comune di Borutta, che ha puntato all’autosufficienza energetica per usi pubblici (scuole, illuminazione, biblioteca…) con impianti fotovoltaici distribuiti nel paese.


➡️ Altri due piccoli comuni, Villanovaforru e Ussaramanna, rispettivamente con circa 680 e 512 abitanti, sono coinvolti in progetti innovativi basati su fotovoltaico e interconnessione territoriale. 


A livello istituzionale la Regione Autonoma della Sardegna ha predisposto misure e stanziamenti specifici a favore delle CER:


➡️ Nel dicembre 2023, con una variazione di bilancio, sono stati stanziati 10 milioni di euro in più per i Comuni sardi affinché possano dotarsi di energia autoprodotta.


➡️ Nel settembre 2025 la Giunta regionale ha approvato un finanziamento di 2 milioni di euro destinati a 60 comuni e 19 enti locali per la realizzazione di studi di fattibilità per Costituzione di CER. Contributi a fondo perduto al 100%: fino a 15.000 € per Comune, fino a 40.000 € per altri enti.


➡️ Inoltre, è stata approvata la legge regionale n. 15/2022 relativa all’energia che prevede all’art. 9 la promozione di CER.


➡️ E ancora, un fondo regionale di 678 milioni di euro per il periodo 2025-2030 è stato previsto per incentivare impianti da FER, autoconsumo e comunità energetiche. 


Questi dati evidenziano che il tema delle comunità energetiche in Sardegna non è solo teorico, ma sta passando a una fase di attuazione concreta, con risorse, bandi, progetti pilota.



Vantaggi delle comunità energetiche in Sardegna


Le ragioni per cui vale la pena investire nel modello delle CER nell’isola sono molteplici:


  • Risparmio economico: producendo e condividendo energia da fonti rinnovabili, si riduce la dipendenza dall’acquisto di energia esterna, si riducono costi e consumi. Immerso in un contesto insulare dove costi e perdite sono spesso superiori alla media nazionale, questo è un plus importante.


  • Autonomia e resilienza energetica: in un’isola, ridurre la vulnerabilità a interruzioni, problemi di trasmissione o importazione di energia è fondamentale. Le CER possono contribuire a questo rafforzamento locale.


  • Coinvolgimento sociale e territoriale: il modello prevede la partecipazione dei cittadini, delle famiglie, delle imprese locali e degli enti pubblici. La produzione e condivisione di energia diventano un’attività collettiva, che rafforza legami e identità locali.


  • Benefici ambientali e paesaggistici: aumentando l’uso di fonti rinnovabili e riducendo le emissioni climalteranti, le CER sono una tessera importante per la transizione energetica della Sardegna.


  • Valorizzazione del territorio: tetti pubblici, capannoni, aree già urbanizzate possono diventare sedi di produzione rinnovabile. In un’isola dove l’uso del suolo è un tema sensibile, la possibilità di sfruttare spazi già disponibili è un vantaggio.


  • Equità territoriale: la norma regionale ha previsto priorità per Comuni piccoli, per territori non metanizzati, per contrastare lo spopolamento e garantire accesso alle risorse anche ai più svantaggiati. 



Esempi concreti in Sardegna


  • Il comune di Borutta ha raggiunto l’autosufficienza nei consumi pubblici (illuminazione, strutture comunali) grazie a impianti fotovoltaici distribuiti sul territorio.


  • Il progetto pilota a Villanovaforru coinvolge circa 160 utenze (la maggioranza delle abitazioni del centro) che non devono installare direttamente pannelli a casa propria: basta una “scatoletta-contatore” che misura e consente la partecipazione alla comunità.


Questi esempi dimostrano che non si tratta solo di grandi impianti centralizzati, ma di modelli distribuiti, legati al territorio e scalabili anche per piccoli comuni.



Le criticità e le sfide da superare


Nonostante l’impulso positivo, ci sono alcune sfide che vanno affrontate per far decollare realmente le comunità energetiche in Sardegna:


  • Burocrazia e tempi autorizzativi: la costituzione di una comunità energetica richiede studi di fattibilità, adempimenti legali, coordinamento tra enti, contratti di consumo condiviso, infrastrutture di rete. Lo studio di fattibilità è già oggetto di contributo regionale (fino a 15-40 mila euro) ma rappresenta solo il primo passo.


  • Coinvolgimento e capacità locale: la partecipazione cittadina, delle imprese e degli enti richiede informazione, fiducia, modelli concreti. In realtà locali con risorse limitate, manca talvolta la capacità tecnica e organizzativa per promuovere e gestire le CER.


  • Gestione tecnica e rete: anche se la produzione è locale, bisogna gestire le reti di distribuzione, le infrastrutture, il monitoraggio del consumo condiviso. L’integrazione con la rete elettrica e il rispetto delle normative è complessa.


  • Equilibrio economico e ritorno: il vantaggio economico per i membri della comunità dipende da molte variabili (produzione, consumo, incentivazioni, costi di gestione). Bisogna che il modello risulti attrattivo per cittadini e imprese.


  • Uso del suolo e tutela paesaggistica: in Sardegna il tema dell’uso del territorio è molto sensibile. L’installazione di impianti rinnovabili deve considerare le caratteristiche paesaggistiche, culturali e ambientali. Alcune comunità locali mostrano preoccupazioni su come le rinnovabili vengano integrate nel territorio.


  • Riproducibilità e scalabilità: alcuni comuni pilota hanno strumenti e condizioni favorevoli: replicare su scala più ampia nei territori più marginali richiede adattamenti e supporto strutturale.



Quali passi per il futuro


Alla luce di quanto già avviato, e per aumentare l’impatto delle comunità energetiche in Sardegna, gli passaggi chiave sono:


  • Sfruttare gli strumenti regionali attivi: i bandi per studi di fattibilità, i fondi regionali (es. i 678 milioni per 2025-2030) devono essere colti da enti locali e comunità.


  • Rafforzare la capacità tecnica e organizzativa locale: workshop, formazione, assistenza a Comuni, Unioni, cooperative energetiche, per superare la barriera dell’“avvio” e passare al “contratto” e alla produzione.


  • Promuovere modelli replicabili: i casi di Borutta, Berchidda, Villanovaforru possono fungere da “laboratorio” e da template da adattare in altri contesti.


  • Favorire il coinvolgimento delle imprese e dei cittadini: per una comunità energetica viva servono partecipazione, trasparenza, condivisione dei benefici.


  • Integrare le comunità energetiche con la riqualificazione urbana, la mobilità sostenibile, l’efficienza energetica: perché le CER non siano solo produzione di energia, ma parte di un più ampio percorso di sostenibilità territoriale.


  • Garantire la tutela del paesaggio e del territorio: realizzare impianti con criteri di sostenibilità ambientale e paesaggistica, valorizzando spazi già antropizzati laddove possibile.


Le comunità energetiche rappresentano per la Sardegna un’importante occasione: di innovazione, risparmio, autonomia, partecipazione.


La Regione ha messo in campo strumenti concreti, i primi progetti stanno partendo, ma la vera sfida sarà rendere questo modello diffuso, inclusivo e ben radicato nei territori, anche quelli più piccoli o remoti.


Perché non si tratta solo di produrre pannelli o impianti: si tratta di attivare comunità, di restituire ai cittadini la capacità di “essere energia”, di rendere il territorio protagonista del proprio futuro.
Se questo accadrà, la Sardegna potrà davvero essere un laboratorio insulare europeo di transizione energetica.


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